Tag

, , , , , , , , , , , , , , ,

A chiunque quest’anno vi dica che Halloween non è una festa cristiana e che voi non dovreste festeggiarla, fate leggere questo post.
Stufa di un’inutile e sterile polemica che secondo me non serve a nulla, mi sono e messa a studiare ed ho scoperto che, se è pur vero che Halloween non è una festa di origini cristiane, è altrettanto vero che Papa Gregorio IV nell’835 l’ha rubata ai pagani con l’intento di cancellare una loro festa…

Ma andiamo con ordine.

Halloween ha origini nella festa celtica di Samhain, che ricadeva il 1^ novembre -data del Capodanno celtico- e che segnava la fine dell’estate e l’inizio di un nuovo anno. I pastori, la notte del 31 ottobre riportavano le greggi alle stalle, in vista del lungo inverno, e illuminavano i loro passi con rape intagliate, all’interno delle quali inserivano delle luci.

la zucca che i miei amici Angelo e Sarah intagliano ogni anno per i loro bambini

eccola, mostruosamente illuminata

Una volta sistemate le greggi, lasciavano fuori dalla porta cibo e latte per i defunti che sarebbero andati a visitarli, per propiziarsi la loro benevolenza anche nel nuovo anno.

Gli Antichi Romani festeggiavano il 29 ottobre la Festa del dio Vertumno, divinità protettrice degli alberi da frutto, che ben presto andò a fondersi con il Samhain dei Celti perché entrambe le feste avevano le stesse finalità: rinnovare i patti con gli dei e con gli spiriti dei morti (abitanti del sottosuolo e quindi del mondo dei semi, dormienti nella terra) al fine di garantirsi la loro benevolenza e il ritorno della vita in primavera.

Ed ecco entrare in scena Papa Gregorio IV, che nell’ 853 sposta (avete letto bene, SPOSTA) la festa di Ognissanti dal 13 maggio al 1^ novembre, per contrastare la festività pagana.
E per essere sicuro di non fallire, aggiunge alla festività di Ognissanti quella della commemorazione dei morti, in data 2 novembre, così da prolungare i ‘festeggiamenti’ religiosi.
Il tentativo di Papa Gregorio di cancellare le usanze pagane dalle commemorazioni cristiane è stato, però, vano, perché sacro e profano si sono fusi tramandando fino ad oggi tradizioni che i più intransigenti credono essere religiose, non conoscendone (o semplicemente non volendo ammetterne) l’origine pagana.

In Lombardia, Sicilia, Calabria, Sardegna, Toscana e Umbria ad esempio, i bambini intagliano le zucche e bussano alle porte chiedendo dolci per le anime dei morti.

In Piemonte, Val D’Aosta, Sardegna e Puglia, si consuma una cena frugale con la famiglia riunita, per poi lasciare la tavola imbandita con cibo e brocche piene affinché le anime dei defunti possano entrare e cenare dopo i vivi.

In Trentino nella notte che precede Ognissanti le campane delle chiese richiamano le anime dei morti intorno alle case dei vivi.
In Friuli si celebra la Fiestas dalis muars (letteralmente, Festa delle Morti), dove però le muars sono le zucche intagliate che dalle 19 illuminano la città di Ampezzo per ricordare l’antico capodanno celtico.

In Sicilia e in Toscana, infine, si lasciano scarpe sulle tombe dei morti. In particolare, sul Monte Argentario, si lasciano le scarpe sulle tombe dei bimbi morti perché si crede che le loro anime potessero tornare tra i vivi per una notte.

Fra i dolci caratteristici del periodo ci sono il Ben d’i morti (Toscana), le Ossa di morto (Sicilia e Toscana) e il Torrone dei morti (Campania).

Fra sacro e profano, fra morti e vivi, fra anime dannate e spiriti protettori, trascorrono i giorni che vanno dalla notte del 31 ottobre al 2 novembre.
Quello ch’è certo, è il varco che in questi giorni si apre fra Terra e cielo, affinché le distanze fra vivi e morti si azzerino, la nostalgia per i cari si affievolisca e la paura della morte (‘inverno’ della vita) sia mitigata dalla dolcezza del cibo.